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Dialogo con il maggiociondolo

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Nella notte ampia e chiara

 a te mi raccomando

 fior di maggiociondolo.

 Entra piccolo ramo guardingo

 e portami fiori a grappolo.

 Entra e raggiungimi nel sonno

 nelle contrade dell’altro mondo.

 

Tu mi conosci bene.

C’eri quando a sbalzi crescevo

e ci sei ora che invecchio.

Sei l’unico che mai con me

ha mancato un appuntamento.

Ti guardo, tronco annoso.

Il tempo ha scurito il legno

ma non l’indole tua cortese.

Ora mi chiedo come

hai potuto vivere di niente.

Sei rimasto a guardia

di questo umile luogo

in faccia all’appennino ventilato

babbo adottivo di pettirossi

d’allodole e usignoli 

poeti laureati in arrangiamento.

Io in giro nel mondo grande e poco

cercando forse il giusto e il vero,

torno rotta dal duro scontro

ad abbracciarti il fusto.

 

 Non alla rosa dell’orto defunto

 sei tornata, quasi in pianto,

 ma all’oro del mio fiore esploso.

 Che cosa chiedi e speri

 se il mondo che tu invochi

 sta lontano una stella

 e la ragion di stato e di mercato

 come un locomotore

 lanciato a tutta forza

 in polvere ti ha conciato?

 

 O albero fiorito di coraggio

 fiaccola d’una notte stupefatta

 anima d’una senzapatria

 isola nel mar della lontananza

 fune di provvisorio salvataggio

 al tuo fiore scriverò

 svicolando svelta tra un sì e un no.     

 

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